Bernardo Provenzano è irreperibile dal 9 maggio del 1963, dopo l'ennesimo agguato della faida fra la cosca di Luciano Liggio, di cui faceva parte, e quella del dottore Michele Navarra. Fra il 1943 e il 1961, Corleone fu insanguinata da cinquantadue omicidi e ventidue tentati omicidi, oltre un numero imprecisabile di "lupare bianche".
Quella mattina di maggio, quattro sicari fra i più temuti - Giuseppe Ruffino, Calogero Bagarella, Giovanni e Bernardo Provenzano - si erano dati appuntamento in strada al sorgere dell'alba. Per ordine di Luciano Liggio avrebbero dovuto uccidere Francesco Paolo Streva, esponente del clan Navarra: "Elemento scaltro, coraggioso e vendicativo - scriveva di lui la polizia, che lo aveva proposto per il soggiorno obbligato - si sposta con due pistole alla cintola". Quella mattina, Streva riuscì a rispondere al fuoco e scampò alla morte. Fu poi ucciso il 10 settembre. Otto giorni dopo, i carabinieri denunciarono Provenzano: così il 18 settembre 1963 iniziava ufficialmente la latitanza della primula rossa di Corleone.
Del boss, non restava che una foto segnaletica scattata il 18 settembre 1959: mostra il volto di un uomo che sembra essere appena uscito dal barbiere, con i capelli lucidi di brillantina ed il volto pieno e segnato dal taglio profondo degli occhi.
L’11 aprile 2006, Bernardo Provenzano è stato arrestato a due chilometri da Corleone, dagli investigatori della squadra mobile di Palermo e del servizio centrale operativo della polizia, coordinati dai sostituti procuratori di Palermo Michele Prestipino e Marzia Sabella, nonché dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e dal procuratore nazionale antimafia Piero Grasso.
La latitanza del padrino è finita nel suo paese, dentro una casa di campagna. Ma resta il mistero di 43 anni, vissuti a stretto contatto con i palazzi del potere, non sappiamo ancora quali. Per vincere il mito dell’impunità di Bernardo Provenzano, bisogna scoprire quelle verità.
Di certo, il padrino ha fatto tanti di quei favori in 43 anni di latitanza che ha finito per conservare una montagna di segreti: sono la sua unica forza. Lui non aveva un esercito come Salvatore Riina, il tiranno che ha retto l’organizzazione mafiosa fino al giorno del suo arresto, il 15 gennaio del 1993. Provenzano non aveva armamenti. Possiede i suoi segreti, quelli del passato e del presente. Segreti sulle complicità e i delitti eccellenti. Ecco perché, dopo le stragi Falcone e Borsellino, è stato un anziano e non un giovane a portare l’organizzazione mafiosa verso la modernizzazione del terzo millennio. Solo svelando i segreti di Provenzano si potrà vincere l’ultima, decisiva battaglia contro la mafia
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